Lettera a un figlio non nato

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Caro figlio,

in tempi di fertility day, visto che non ti ho messo al mondo, il minimo che io possa fare è scriverti una lettera aperta.

Devo chiederti perdono.

A causa mia non conoscerai Renzi, il movimento 5 stelle, i leghisti razzisti, i punti del Pil che non si capisce se scendono o salgono, lo spread, l’Isis, l’Imu, l’Irpef.

E chissà quante altre cose, non tutte negative, per fortuna.

Non avercela con me, è andata così, magari sei nato lo stesso con un altro padre, forse è così che funziona. Forse c’è una fila di bambini che devono nascere, che servono a ripopolare il mondo come Lorenzin vuole, e vengono fuori da uteri disponibili. Se non c’è uno, vai subito con un altro.

Se è così avrei meno sensi di colpa, la mia scelta riguarderebbe soltanto me, e purtroppo anche chi mi è stata accanto, ma la tua opportunità nel mondo è salvaguardata.

Si, perché sai, caro figlio senza nome, io non me la sono sentita. Dammi del vigliacco, dammi dell’irresponsabile, dammi dell’egoista, ma non me la sono sentita.

E chissà che invece la scelta non sia proprio coraggiosa, responsabile, altruista.

Ma su questo non c’è risposta. Mi resta di giocare con l’immaginazione, e pensare che potevi venire fuori bambino viziato e prepotente, o un’adolescente matura, donna sensibile e generosa, dirigente d’azienda e padre eccellente, sportivo appassionato e marito mediocre.

Non so definire nemmeno me stesso, figlio, non chiedermi di farlo con te che non esisti.

E che non conoscerai il dolore, i momenti di angoscia, la solitudine e la paura del nulla, i dubbi sulla vita e sull’immensità, gli incubi e la sfiducia nel prossimo.

Come vedi continuo, con pretesti ignobili, a giustificare la mia scelta, a farne un fatto di maturità, a trovarci i lati positivi. Sai cos’è?, non sopporto il concetto astratto che solo un figlio faccia di noi una persona migliore, compiuta, che lascia qualcosa alle generazioni successive, che ha compiuto il proprio dovere riproduttivo, magari con due esseri umani, giusto per salvaguardare la crescita zero.

Non ci sto, io sono così, con pregi e difetti, e conosco padri pessimi e single meravigliosi, come è normale che sia. Non ho il senso di paternità, non ho le spalle abbastanza larghe per stare sveglio terrorizzato la notte quando avresti fatto tardi con gli amici, non ho risorse sufficienti per garantirti una vita senza troppe rinunce. Che poi, magari, i fatti mi avrebbero anche potuto smentire clamorosamente, e sarei stato un discreto padre, mi sarei sentito un uomo migliore.

Ma non ho voluto provare; tu, figlio, non meritavi di essere un esperimento, una prova per misurare il mio grado di maturità potenziale.

Forse ho avuto genitori così bravi da non volermi paragonare a loro, o forse mi sono sentito un figlio talmente in gamba da non volerti fornire subito un paragone ingombrante. Adesso le teorie psicanalitiche potrebbero valere tutte, è un esercizio sterile e anche inutile.

Il fatto è che tu non ci sei, e io ho altro, non me ne volere.

Lascio il compito di genitore a chi sa farlo, o pensa di poterlo fare, senza alcun giudizio e senza supponenza, casomai solo ammirazione.

Un uomo, o una donna, è compiuto se è felice, se sa godere delle piccole e grandi gioie, se fa quello che gli piace, se si sente in continuo mutamento, se cresce e non invecchia, se impara e non dà lezioni, se ascolta e sa sorridere, se è curioso e sa sperimentare, se è in grado di provare empatia, mettendosi nei panni altrui.

Anche in quelli di un genitore che non sarà mai.

Ciao figlio, restiamo così.

Senza rancore.

Il tuo mancato papà.

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