Monthly Archives: settembre 2014

amore

Se non vuoi spegnere il cellulare fino all’ultimo, e ancora dopo, sperando in un messaggio
Allora è amore.
Se hai le farfalle nello stomaco è amore
Se hai le farfalle nella pasta è scaduta.
Se la guardi mentre siete a cena e non riesci a mangiare
Dovrebbe essere amore.
Inappetenza no, non è romantico.
Se pensi che la desideri come la prima volta dopo dieci anni,
non è amore, è amnesia.
Se ti porta il gelato mentre sei davanti alla partita della Roma sul divano
E ci mette anche del Bacardi
Allora è amore.
Facile.
Se ci mette del sambuca, no.
Non è amore, è incompetenza.
Se ridete rimembrando le prime volte nelle quali vi siete frequentati
Scritti
Telefonati
Parlati fino alle tre di notte
No, non basta.
Magari siete ironici, non è detto sia amore.
Se cucina per te non è certo
Ma se cucina per te e ci mette amore
È amore, manco a dirlo.
Dice: e come faccio a vedere se ci mette amore?
Ecco, se lei o lui ci mette amore
E tu non te ne accorgi
Ti limiti al sapore in se
Al grado di cottura del cotechino,
Al tipo di riso utilizzato,
Se Roma, Arborio, Gallo,
alla presenza o meno di noce moscata,
Allora vattene.
Non è amore per te.
Se russa non è amore,
è perdita di tono dei muscoli del palato molle o dell’ugola.
Se in albergo prende tutto lo spazio dell’armadio
E non ti lascia nemmeno una gruccia
Non fartene cruccio, non è amore.
Se ti chiama Principessa potrebbe essere amore
Se non avesse chiamato così anche le altre
Ventisette prima di te.
Se ti tiene la mano
È amore
Se ti dà una mano
È gentile
Se la chiede a tuo padre
È amorone.
Se ti insapona la schiena
È utile
Che ci deve essere un punto nella schiena di tutti i single
Che non si pulisce mai.
Una specie di punto G della solitudine.
Se quando ti bacia tiene gli occhi chiusi
O è amore
O è astigmatismo.
Se ti pianta i piedi ghiacciati addosso in piena notte
Non è morta, non preoccuparti.
E non è detto sia amore, ha a che fare con la circolazione.
Se smette di fumare per te
Probabilmente è amore
Se incomincia a fumare con te
Probabilmente è tumore.
Se ti dice di portare giù l’immondizia
È tardi.
Se la porta giù lei/lui
È amore.
Se sta con te a vedersi il clasico espanolo
Che le femmine manco lo sanno
Ma è Barcellona – Real Madrid
Allora è amore.
Se lo fa dopo più di un anno che state insieme
Non è amore, è interessata al tuo patrimonio.
Se tu ricambi guardando il film coreano
Secondo al Sundance film festival
Allora è amore ricambiato.
Sposala.
Scene da un patrimonio.

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Le nuove generazioni le conosciamo. I ragazzini di oggi sono tecnologicamente avanzati, non ce n’è uno che non sia connesso col mondo h24, che non abbia playstation, wii, nintendo, e altre diavolerie che un adulto nintende proprio.
Il fatto è che noi viviamo in un’epoca nella quale in trent’anni le cose sono cambiate come se ne fossero passati mille, e la nostra generazione si è trovata a cavallo di questa rivoluzione silenziosa.
In nessun’altra epoca trent’anni hanno mutato in egual misura usi e costumi. Dal 1850 al 1880 non ci fu lo stesso sommovimento, per dire.
Il massimo del cambiamento fu una montatura diversa di occhiali di Cavour.
Ma torniamo a noi: dicevo dei videogiochi. Io ricordo quando arrivarono quelli da attaccare alla tv. C’era il tennis, il mio preferito. Su uno schermo blu era disegnato un quadrato con una linea continua in mezzo, suppongo la rete vista dall’alto, nelle intenzioni del progettista, credo fosse Giugiaro, e a fondo campo i due giocatori. Oddio, giocatori… erano due fiammiferi che si muovevano in una sola dimensione, verso l’alto o verso il basso, e, impattando con una pallina quadrata dovevano rimandarla dall’altra parte. Anche facendola sbattere al muro, cosa non consentita nei tornei del grande slam.
Nel tennis dei videogiochi di adesso puoi scegliere il tuo atleta preferito, la racchetta in tungsteno, e far fare a Federer le volèè, gli ace, i top spin, i lob, gli smash. Premendo contemporaneamente otto tastini con due mani. Puoi decidere l’abbigliamento firmato del tennista, il suo deodorante, con chi farlo fidanzare. Oppure puoi muovere il joy stick, credo si chiami così, come fosse una racchetta, e tu un deficiente che colpisce palline immaginarie credendo di essere al rolland garros e finendo per rompere il vaso finto cinese del salotto lussandoti una spalla, visto che l’ultima sport che avevi fatto era il burraco del lunedì sera.
Siamo una generazione confusa, indecisa se guardare indietro (non facciamo altro che ricordare i bei tempi andati), magari anche per evitare di rompere il vaso del salotto, o provare ad adattarsi al cambiamento.
Con i social network crediamo di avere raggiunto il massimo. I ragazzini di oggi coi social ci sono nati, pensano sia la normalità del vivere quotidiano. Per noi no, noi siamo una generazione di fruitori passivi, di teleutenti un po’ rinco, quelli che già pensavano di avere raggiunto la libertà con l’arrivo delle televisioni private, e il passaggio da due canali a decine.
Che si vedessero decine di boiate poco importava, vuoi mettere la possibilità di scelta?
In quel caso il massimo di interattività possibile era quello di mandare affanculo Emilio Fede durante il tg4, o inveire contro il televisore se Cabrini sbagliava il rigore in finale, ma il tuo grido al più arrivava al vicino di casa, non lasciava spazio alla soddisfazione dello sfogo. Oggi, con i social, puoi insultare tutti: politici, giornalisti, showman, vip di ogni tipo. “Che hai fatto oggi?” “Mah, niente, stamattina prima di uscire ho detto a Gasparri che era un coglione, ho chiesto a Renzi di dare gli 80 euro pure a mio cognato disoccupato, ho chattato con la Pascale, ho mandato la foto del mio cane a Dudù.”
Non cambia un cazzo, ma vuoi mettere la soddisfazione?
Perché solo Grillo deve mandare affanculo tutti? Lo faccio anche io, almeno non mi ammalo di stress.
Comunque non sono solo queste le soddisfazioni. Con facebook non mi limito più a recepire passivamente le notizie. È come se avessi un quotidiano personalizzato da sfogliare non appena sveglio.
Dunque, vediamo cosa è successo stamattina: ecco, Mimmo deve piazzare due gattini, Muriel ce l’ha con gli uomini, Fausto se la prende con una stronza dedicandole la canzone di Masini, Riccardo ha fotografato il gatò di patate di ieri sera, Lucio festeggia lo scudetto della Juve. Adesso sì che l’informazione indipendente, la circolazione delle idee, la veicolazione dei contenuti, delle notizie è davvero libera. Non sono più i grandi gruppi industriali proprietari dei giornali, le lobby delle banche che devono dirci quali gattini adottare, quali femmine odiare, quali gatò cucinare, quando esultare per lo scudetto.
Se la vera rivoluzione è determinata dalla conoscenza, come facevo prima a ritenermi un uomo completo senza sapere che Raffaella parteciperà alla serata Disco apericena anni settanta ottanta con deejay Ludovico? Tra l’altro con consumazione inclusa e sconto 30% per le donne!
Fa piacere vedere che anni di lotte politiche, di collettivi, manifestazioni, impegno sociale si siano sostanziate in un selfie collettivo, negli aforismi di Coelho, negli inviti a Farmville, nelle foto della salsiccia arrotolata, nei commenti contro i lunedì e la pioggia a primavera, e nelle richiesta di sangue per una donna mai esistita.
Abbiamo uno strumento straordinario, la possibilità di comunicare con chiunque in tempo reale, di essere parte attiva di un tutto cosmico, ma nessuno ci ha detto come utilizzarlo. Oppure quegli anni di inebetimento televisivo ci hanno lasciati un attimo impreparati.
Come un bimbo che incontra il suo personaggio dei cartoni animati preferito e può parlargli, restiamo attoniti, sorpresi di fronte a cotanta possibilità. L’unica cosa che riusciamo a fare, nell’era della comunicazione orizzontale, della partecipazione collettiva, è insultare l’altro. Che sia interista, catanese, grillino, berlusconiano, renziano, laziale, frocio, automobilista, vecchio o giovane, l’importante è denigrare, attaccare e offendere chi non la pensa come noi. Ma cosa volevate, è da anni che stiamo zitti, assuppiamo tutto, e adesso che possiamo partecipare anche noi, ci volete levare il sano piacere di mandare a quel paese un nemico a caso?