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DIECI BUONI MOTIVI PER NON LEGGERE “CRONACA DANNATA”
1) Cronaca Dannata racconta gli ultimi due anni di politica, costume, e fatti strani del Belpaese. A chi può interessare la vita di un formaggio?
2) In tempi di crisi, disoccupazione, cinghie tirate, cosa ci sarà mai da ridere?
3) Il libro è di carta patinata, a colori e con illustrazioni e vignette. Tutto ciò ne fa un oggetto pesante (340 grammi di satira autentica), difficile da leggere a letto, a meno che non siate culturisti. Quando si dice che leggere è culturismo!
4) Cronaca Dannata non fa sconti a nessuno, e oltre al Cavaliere, al Pd, a Grillo, a Bersani e compagnia cantante, poteste imbattervi in personaggi inquietanti, come Gasparri e Scilipoti. Ma chi ve lo fa fare?
5) Pare che il libro sia perfetto da tenere in bagno, nei momenti nei quali un uomo (o una donna) vuole stare solo con se stesso. Ciò prolunga notevolmente il tempo di permanenza in toilette, con nocumento per altri abitanti della stessa casa.
6) “Cronaca” alterna battute secche a mini racconti, parodie di canzoni, “pizzini” su attualità e costume. Troppa roba, obiettivamente.
7) Non c’è rispetto per i defunti, libro politically scorrect. Irrispettoso, irriguardoso, “irridentoso”.
8) Il volume in questione riesuma personaggi dei quali i nostri neuroni non avrebbero sentito la mancanza, e che passeranno alla storia come Pinco Pallino nella battaglia di Waterloo.
9) Con il denaro investito nell’acquisto del libro si possono fare decine di altre cose: comprare quindici pacchi di pasta, fare un breve giro in taxi a Roma (due chilometri), un taglio di capelli senza shampoo, un paio di corse al kartodromo, mezza partita a tennis.
10) Ridere fa venire le rughe.
Ho aperto un nuovo ufficio di consulenza. Consiglio agli italiani con meno di 1.500 euro di stipendio come spendere gli ottanta in più al mese. Per soli dieci euro studio il vostro stile di vita e vi dico cosa conviene comprare con i restanti settanta. Non è un cattivo lavoro, ma ci vuole competenza. E io ce l’ho, modestamente.
Ho bisogno di un profilo completo, usi e costumi, hobby e vizi, segreti e bugie. Per chi vuole la consulenza super luxe, con soli 20 euro al mese studio un prospetto dinamico, che modifichi ad ogni stipendio l’investimento.
Ieri è venuto il mio portiere. Per questo mese gli ho suggerito un pomeriggio al bagno turco e due fette di filetto. Al signor Giarrusso ho consigliato un’ora con Jessica, un chilo di gamberoni, e l’ultimo Fabio Volo. Lì forse ho sbagliato, non sapevo che Jessica avesse alzato le tariffe. Vatti a fidare dei trans!
Il lavoro è buono, non mi lamento. Ricevo per appuntamento, e, per non fare perdere tempo al cliente, chiedo di mandarmi prima un questionario compilato via mail. In questo modo lavoro con calma a casa e aiuto l’impiegato in difficoltà a non commettere errori. È facile lasciarsi prendere dalla foga spendereccia sotto l’entusiasmo dovuto alla proposta di Renzi. Il sor Carlo, al solo annuncio del presidente del consiglio, si è riempito di rate come un criceto di semi, e ora piange lacrime amare, come Conte dopo il Benfica.
La signora Barbagallo era indecisa: aumentare la dose mensile di yogurt al mirtillo, che adora, o concedere qualcosa al marito, come per esempio il gorgonzola stagionato? In quel caso, conoscendo bene il marito, ho detto alla signora di comprarsi un nuovo completino intimo, il marito avrebbe gradito più del gorgonzola.
Sembra facile, eppure con ottanta euro al mese è semplice lasciarsi andare a spese voluttuarie e poco efficaci. Il mio compito è anche quello di differenziare le proposte per fare ripartire l’economia. In fondo incarichi come il mio dovrebbero essere incentivati dallo Stato, sono una specie di benefattore della collettività.
Al maestro elementare Ricotta, per esempio, ho consigliato di risuolare le sue vecchie scarpe. Non che ne avesse bisogno impellente, piuttosto è stato per incentivare anche l’antica arte del ciabattino, ormai in crisi da tempo. Il signor Carlo mi ha ringraziato. Il ciabattino, intendo.
Per il signor Giacchetti otto bottiglie di nero d’Avola, e una camicia di flanella. Per padre Mario ottanta euro di libri di Odifreddi, per espiare. Al geometra Russo mezza visita prostatica sempre rimandata, alla moglie di Testori due biglietti per il teatro, che ci tiene tanto, e con quello che resta, a spettacolo terminato, due pezzi di pizza a taglio e una coca light.
Ho visto il signor Lo Iacono particolarmente stressato. Chi non lo sarebbe, con quella moglie e suocera in casa? A lui sarebbero serviti 8.000 euro per salvarsi, ma nel frattempo gli ho consigliato una consulenza psicologica mensile. E per non mandarlo da ciarlatani, magari un neo laureato che neppure lo conosce e gli spilla soldi, mi sono offerto come psicologo. Non che lo sia davvero, ma in fondo capisco le persone con poco, chi meglio di me?
Ogni tanto anche io incappo in qualche inconveniente. Può capitare che il cliente non gradisca il profilo da me studiato e rifiuti la mia proposta. La signora Mascetti non ritiene di doversi iscrivere in palestra. Preferiva aumentare la scorta di dolci, ma non è che io posso assecondare proprio tutto! Signora, faccia lei. Poi però non si lamenti se suo marito frequenta Jessica.
In linea di massima sconsiglio di mettersi dentro rate superiori ai sei mesi. Ricordatevi che questo governo è appeso a un filo, e la sua caduta potrebbe rimettere in discussione l’intera storia degli ottanta euro.
Nel frattempo io sogno una vittoria di Grillo e mi preparo per un aumento iperbolico di lavoro. Mille euro al mese di reddito di cittadinanza per i disoccupati, col lavoro nero che c’è da noi, sarebbero una pacchia. Venite da me, in quel caso, ve lo dico io come spendere tutto quel denaro, che non ci siete abituati.
Confido negli italiani: hanno creduto a quella del milione di posti di lavoro, si berranno pure questa.
Il teatro presentava abbondanti vuoti. I pochi spettatori si concentravano nelle prime file, anche se nessuno nella prima.
Il presentatore arringava con euforia superflua: “Signori e signore, oggi, nell’ambito della terza edizione del festival culturale di San Bartolomeo“Il Buscopan d’oro”, siamo lieti di ospitare e celebrare un personaggio che ha dato lustro al nostro paese, ma che dico al nostro paese, alla provincia tutta! Do la parola al vicesindaco Pellizzeri per presentare come merita il nostro eccellentissimo ospite.”
Una donna tarchiata di mezza età si avvicinò al microfono. Verosimilmente il vice sindaco Pellizzeri.
Il palco ospitava un sacco di gente seduta, un numero non lontano da quello degli spettatori.
Da sinistra a destra: un capellone con la chitarra, una signora attempata e cotonata, una ragazza, un anziano distinto, un anzianissimo con bastone, un’altra signora, una bambina intenta a disegnare.
“Buongiorno a tutti. Intanto ringrazio tutti voi per essere qui così numerosi e appassionati. Per me è un onore avere oggi con noi uno dei miei miti dell’infanzia, il poeta che creato il movimento culturale più noto nella nostra regione negli anni cinquanta e sessanta, il sincerismo!”
Applauso lanciato dagli ospiti sul palco e ripreso blandamente dalla platea.
“Il sincerismo, per quei pochi che non lo sapessero, fu un movimento culturale rivoluzionario, grazie al quale venne sovvertito il pensiero unico di quegli anni, quello che per tanto tempo, anche a causa del regime culturale vigente, tenne fuori dai salotti buoni le migliori menti creative della nostra terra!”
Applauso flaccido.
“Con il sincerismo vennero alla ribalta cantori, poeti, scrittori, pittori, untori, attori, che avrebbero poi fatto la storia del nostro paese. Ma che dico del nostro paese, della nostra comunità tutta!”
Applauso ancor più blando.
“ E se il sincerismo prese piede, varcò i confini locali per assurgere a movimento di dimensioni interprovinciali, lo dobbiamo a quest’ uomo, al grandissimo Tonino Smintello! Vi prego di alzarvi in piedi per onorare il maestro.”
Applauso più convinto e alzata dei presenti.
L’anzianissimo con bastone si guardò intorno, destato da qualcosa che probabilmente lo riguardava.
“Don Tonino, è contento di ricevere questo premio?”
“…”
La Pellizzeri, vicesindaco con delega assessoriale alle attività culturali, alzò di un’ottava il tono.
“Don Tonino, siamo contenti che lei sia qui con noi!”
“Eh?”
“È contento di ricevere il nostro premio?”
“Cara signorina mia, lei forse non lo sa ma io ho fatto la guerra, ho vissuto per anni in trincea. Sono stato anche un poeta, lo sa?”
“Si, signor Smintello. Siamo qui per celebrare il sincerismo, la sua corrente poetica…”
“Ahhhh, il sincerismo, come no. Lei forse non lo sa, ma io ho scritto centinaia di poesie…”
“Non solo lo sappiamo, maestro, ma siamo qui per onorare come merita la sua carriera.”
“Si, spesso scrivevo in corriera, durante la guerra. Ma lei come lo sa?”
“Sempre spassoso il nostro Tonino. Facciamogli ancora sentire il nostro affetto con un grande applauso.”
Applauso tenue.
“Adesso però sentiamo il critico più illustre del nostro paese. Ma che dico del nostro paese, di tutto il circondario! Professor Paletta, cosa è stato il sincerismo per la nostra provincia, e com’è nato?”
“Nei primi del novecento vigeva una scuola culturale unica, quasi elitaria. Pochi intellettuali, poeti e scrittori, si riunivano in spazi pubblici, come bar o ristoranti, e litigavano come cornacchie in calore. Da qui la definizione di poeti maledetti data loro dalla popolazione esasperata. Costoro, tra l’altro, cantavano la sofferenza e il più povero di loro aveva casa alla Marina di San Bartolomeo, tre automobili e quattro frigoriferi. Per opporsi a questa corrente elitaria nacque il sincerismo.”
“Molto interessante professore. E in cosa consisteva?”
“Era una forma d’arte che basava tutto il suo valore sulla iperrealtà, lasciando pochissimo spazio, quasi nessuno, all’immaginazione. Poeti cantavano ciò che vedevano, scrittori narravano la verità e mettevano in piazza i loro sentimenti reali. Questo creò non pochi problemi a molti di loro…”
“Furono ghettizzati dalla cultura dominante di quel periodo?”
“No, ma ci furono un sacco di uomini cornuti, di politici collusi, di donne tradite che non presero benissimo questa ventata di verità.”
“ E ci dica del maestro Smintello. Le sue opere più famose, in che modo si fece avanti anche a livello extra territoriale.”
“Smintello fu una figura di primo piano, del sincerismo. Le sue opere più famose, come “Io e il mio gatto” o “Mezzo chilo di rimacino” o anche “Sono finite tutte le uova!”, sono state riconosciute dai più importanti premi di poesia dell’epoca. Il suo linguaggio crudo, a volte violento, fu un vero pugno nello stomaco per chi era abituato a una letteratura di maniera, figlia di un ipocrita buonismo del primo dopoguerra.”
“Sappiamo, caro professor Paletta, che lei oggi ha portato qualcosa del maestro, al quale vogliamo dedicare un altro applauso!”
Applauso solitario del vicesindaco.
“Si. Volevo leggervi dei passi che per me più di ogni altro illustrano l’opera di Smintello. Si tratta della poesia breve L’età scolare, tratta dalla raccolta Mia moglie è una cretina.”
“L’ascoltiamo con attenzione. Preghiamo il nostro bravissimo cantante Pippo Pepe di eseguire un sottofondo adeguato.”
Pippo Pepe partì massacrando le corde della sua chitarra, producendo un rumore fuori luogo.
“Ehm…, se fosse possibile qualcosa di più leggero, Pippo. Per la tua esibizione c’è tempo…”
E vai col giro di do.
“Di Tonino Smintello: L’età scolare. Legge il professor Paletta.”
Nessun applauso.
“Mia mamma me lo diceva
Stai attento alla pentola
E mentre io cominciavo
A scoprire i segreti del sesso
Le gambe delle compagnie di classe
Le tette semi nascoste della zia Franca, nella spiaggia di Verdicchio,
non potevo avvicinarmi alla pentola.
L’acqua bolliva
E insieme a lei i miei ormoni
Sesso e acqua di pasta
Due segreti inesplorabili.
E poi il momento fatidico
Quando venivo cacciato
Mentre la pasta veniva scolata
Il raggiungimento del piacere
E io non potevo né guardare
Né sostare
Né restare in zona.
Passarono molti anni
Prima che io potessi accedere
Debitamente protetto dalle presine
A quell’attività da me così anelata.
Fui autorizzato finalmente, era il segnale
Ero diventato grande, potevo scolare la pasta.
Alla fine del mio percorso scolastico
Ero, per il colmo del paradosso,
entrato nella mia età scolare.”
Applauso della vice sindaco e degli altri sul palco. In platea un vecchio russava, altri guardavano il telefonino.
“Che meraviglia professore! Questa è vera poesia, questa è l’arte controcorrente che ci piace! Adesso vorremmo consegnare il premio Buscopan d’oro al nostro grande poeta Smintello. Consegna il premio la farmacista del paese, dottoressa Ricci, che sponsorizza da anni il nostro prestigioso premio. Un applauso alla farmacia Ricci!”
Applauso stitico.
“Maestro Smintello, è contento di ricevere il Buscopan d’oro?”
“Eh?”
“Il BUSCOPAN!!”
“No, l’ho preso stamattina. C’è la signora Carmen che è tanto gentile con me. Ci pensa lei alle mie medicine.”
“Vabbè, ringraziamo il maestro e tutti i partecipanti, e diamo appuntamento all’anno prossimo per il nostro prestigioso Premio Buscopan. Grazie a tutti per essere intervenuti!”
“Oh, e io?”
“Certo. Come vi dicevo chiudiamo con l’esibizione del grandissimo cantautore Pippo Pepe. No, non andate via, restate ancora con noi…”
Palermo, come alcune tradizionali rappresentazioni letterarie raffigurano, è sempre stata un aleidoscopio di avventure bislacche, un brulicante “repertorio dei pazzi”, per dirla con Roberto Alajmo, che rimbalzano affannosamente da una storia all’altra, in cerca di identità perdute, amori non-corrisposti, sghembe fisionomie geo-culturali, gusti insoliti e sentimenti forti. Vite strampalate, scenari divertiti, sull’orlo di una maliziosa leggerezza coinvolgente.
Consapevole forse di ciò, partendo dal suo funambolico scrigno memoriale e servendosi di un raffinato spirito da collezionista, Marco Pomar raccoglie in questo testo una serie di brevi racconti dal sapore quotidiano eppure così pieni di irriverente immaginazione. Da resoconti di vacanze in mari esotici, ad incandescenti liti di quartiere (con tanto di scambio di persona annesso) a sedute psicoanalitiche inconcludenti, a ritratti esemplari di singoli personaggi, passando per annunci mortuari o telefonate amorose interrotte e favole caricaturali, il libro presenta una ricca varietas contenutistica che ricorda molto il significato originario dell’espressione latina satura lanx che designa il genere satirico d’età arcaica.
E proprio simile ad un piatto contenente diverse pietanze dal sapore ora amaro, ora dolce La memoteca di Pomar sembra invitare i lettori ad un assaggio continuo, accompagnando il piacere della stessa lettura con una risata comico-sarcastica (la quale potrebbe scappare tra una pagina e l’altra, o alla fine di ogni singola narrazione) non immune da riflessione. Acini d’uva caduti per caso in una saliera rimasta inavvertitamente aperta, impasti intelligenti di realtà e fantasia: ecco il vero volto di queste storie dai contorni piccanti, ma anche ironici e allusivi. Quasi un ipermoderno taccuino-ricettario la cui forma base è costituita da una novellare fluido e disteso che prende di mira inveterati vizi, facili vittimismi e ingenuità.
Non si tratta tuttavia di lievi apologhi dai quali ricavare una precisa morale o punti di riferimento attuali (e qui veramente la patina ‘identitaria’ siciliana vale ben poco) bensì di quadri a volte paradossali, a volte tragici, che restano aperti e sfumati: “Pensò di chiamare qualcuno, ma non gli venne in mente nessuno. Entrò in un bar, prese un cappuccino e alla cassa vide il giornale con un grosso titolo: ‘Berlusconi: via l’Ici e giù le tasse per tutti. Ecco il mio programma elettorale’ Pagò il cappuccino, lasciò lì il giornale e tornò verso casa, con un vago sentore di vuoto.” (p.98).
La lettura apparentemente svagata di tali scritture (in gran parte dialogate o diaristiche,con sporadici calchi lessicali desunti dal dialetto) induce ancora una volta a ragionare sui nessi ‘memoria-parola’ , ‘immagine-gesto’, così importanti per tanta letteratura nazionale e non solo. Di fronte ai ricordi sgradevoli che si vorrebbero di colpo rimuovere con operazione meccanica dal cervello (come mostra umoristicamente il racconto iniziale, il quale dà il titolo all’intero libro e richiama alla lontana alcune scene di Se mi lasci ti cancello, il film del 2004 di Michel Gondry con Jim Carrey), si resta quasi intontiti, allegri e di sasso. Nello stesso momento, sembra suggerire Pomar, rimaniamo infastiditi e compiaciuti. E un sorriso inatteso ci si stampa in volto.
http://www.giudiziouniversale.it/articolo/libri/pomar-diario-palermitano