testimone

commissario
– Mi vuole raccontare esattamente cosa è accaduto, signor Cusimano? Lei cosa ha visto?
– Commissario, io glielo dico cosa ho visto, però lei non deve interrompermi.
– Se la interrompo o no lo decido io, Cusimano! Lei risponda alle domande e stia al suo posto.
– Si, però le devo dire una cosa.
– Cosa?
– Cosa cosa?
– Cosa mi deve dire, Cusimano?
– Scusi, ma lei chi è?
– Senta, qui le domande le faccio io. Sta cominciando a indispettirmi con questo atteggiamento provocatorio. Io sono il commissario, e lei fa quello che dico io.
– Ah, si. Certo, commissario. Le volevo dire che io ho un problema alla memoria a breve termine. Non trattengo i ricordi recenti, abbia pazienza.
– E io dovrei crederle, Cusimano?
– Credere a cosa?
– Oddio, qui non ne usciamo. Se mi accorgo che mi prende per il culo la sbatto dentro. Forza, mi racconti tutto quello che sa.
– Si, certo. Io stavo portando la mia radio a riparare. È un vecchio Philips a cassette, superato dal tempo e dalla tecnologia. Però io ci sono affezionato, e anche se non mi conviene lo riparo sempre, tutte le volte che si guasta. Mentre attraversavo la piazza, ho veduto una macchina che ha sgommato e dalla quale sono uscite quattro persone. Tre di loro si sono messe il passamontagna e sono entrate nella banca.
– E il quarto?
– Quale quarto?
– Manca un quarto.
– Ah, grazie. Io a meno dieci devo essere a casa. La saluto.
– Ma che saluta? Il quarto uomo, dicevo!
– Ah, si. Io stavo portando la mia radio a riparare. È un vecchio Philips a cassette, superato…
– …dal tempo e dalla tecnologia. Lo so.
– Ah, pure lei ne ha uno, dottore? Allora sa di cosa parlo.
– Come no, ma mi dica dell’automobile. Si ricorda il tipo?
– Certo. Vuole che non conosca la mia macchina? Una panda marrone. Vecchio modello, però. Ma cammina alla grande. Almeno in città, perché altrimenti comincia a fare un fischio curioso…
– Basta, Cusimano! Lei e il suo fischio del cazzo.
– Ma come si permette? Chi la conosce, scusi?
– Io sono il commissario, porca puttana. E lei è un testimone chiave. Anche se sto cominciando a sospettare che lei voglia coprire qualcuno. O mi racconta tutto o la sbatto in cella, così le torna la memoria a breve, a lungo e a lunghissimo termine!
– Commissario, bastava dirlo, senza alterarsi. Le racconto tutto dal principio: stavo andando a riparare la mia radio. Sa, un vecchio Philips a cassette, superato dal tempo…
– E dalla tecnologia di sta minchia. E lei c’è affezionato, e lo ripara. Poi attraversa la piazza, e vede una macchina che sgomma e dalla quale escono quattro persone, tre di loro hanno il passamontagna…
– E il quarto?
– E che cazzo ne so, Cusimano, me lo dica lei se aveva il volto scoperto.
– Non lo so, sembrava così preparato, dottore. Se le cose le sa, non capisco perché debbo raccontargliele io.
– Perché mi piace il suo tono, va bene? Ci tengo che sia lei a narrarmi i fatti. Vada avanti. Ma non mi parli della radio Philips perché gliela sbatto in testa.
– E lei non mi interrompa, dottore. Dunque: della radio gliel’ho detto, della macchina pure, dei quattro uomini anche, della donna con il cappello complice che gli aperto la porta anche…
– No! Quale donna? Chi era? Come era fatta? L’ha vista in faccia?
– Chi?
– La donna, Cusimano!
– Quale donna?
– La porta, Cusimano!
– Ah, si, mi scusi. Gliela chiudo subito.
– Ma non quella porta, si sieda! La porta della banca. Gliel’ha aperta una donna si o no?
– Si, certo. Ma non è che le posso ripetere le cose cento volte! Se le appunti, se non se le ricorda.
– Adesso me le segno. Lei mi dica se la saprebbe riconoscere, quella donna.
– Beh, penso di si. Almeno, se la rivedessi, immagino di si.
– Aveva un tailleur? Una gonna? Dei pantaloni?
– Ma chi, io? No, ero con i miei jeans, come sempre.
– Cusimano, qui risultano ventisette chiamate alla polizia tutte dal suo numero nel giro di cinque minuti intorno alle 17. Voleva farci impazzire o cosa?
– Cosa?
– Che fa, mi prende per il culo?
– Non mi permetterei mai. Neppure la conosco.
– Cos’altro mi sa dire di utile alle indagini, Cusimano? Io non ho la giornata intera da potere perdere con lei.
– Nulla che lei non sappia già, dottore.
– Vabbè, io non ce la faccio. Senta, Cusimano, sia gentile. Vada a casa, scriva su un foglio tutto quello che ricorda, e domani me lo fa avere.
– Come vuole dottore. Arrivederci.

– Dottore?
– Cosa c’è ancora, Cusimano?
– Non vorrei disturbarla, ma uscendo ho visto che lei sta in questo palazzo dove c’è l’insegna della polizia. Siccome ieri ho assistito a una rapina, non è che sa a chi potrei rivolgermi per testimoniare?